sabato, ottobre 14, 2006

Disavventure silvisociali


APPUNTI PER COMPAGNI DI MASTER

Gli antefatti
La mia zia acquisita, duchessa, ex moglie di un mio zio materno ed i suoi tre figli possiedono una bellissima casa, con grande parco alberato a Certaldo, in Toscana e vi hanno avviato un’attività ricettiva mirata a giovani stranieri.

Mio padre, negli anni settanta quando io ancora ero a Firenze per gli studi, acquistò un podere in cima a Monte Morello (Sesto Fiorentino, Fi). Fuggì da Roma e vi si rifugiò, dopo aver fatto il minimo indispensabile per la vivibilità, con sua moglie ed i loro due figli, allora ancora piccoli, portandosi dietro idee di libertà, autosufficienza, produzioni di olio etc. etc..
A pochi km c’era la casa rurale di una sua cugina “artista”. Nell’ex frantoio di questo posto vivevo io, di pane rubato ai polli del fattore ed erbe commestibili (soprattutto rughetta), per non costare e chiedere il meno possibile.
La casa di Morello, tutta di pietra, accessibile solo da un tratturo venne vissuta con traffici inenarrabili di jeeps, motorini da cross, bombole del gas, tanta bruschetta e tanta rostinciana, con molti sacrifici e molti momenti felici. Venne comunque abbandonata, per stanchezza fisica e morale (la terra è bassa), dopo circa un decennio, partendo alla volta di più comodi lidi.
Nel corso dell’abbandono io, un po’ custode, un po’ portabandiera dell’utopia, un po’ matto di famiglia vi ho svolto laboratori, vacanze lavoro, raccolte dell’olio……, proponendo ai cittadini l’esperienza di campagna in cambio di aiuto e sostegno emotivo. Chi fosse il beneficiario del servizio sociale era difficile da dire.
Furono avventure bellissime, ma vincoli oggettivi e timori vari impedirono che il Podere Vara divenisse un agriturismo ed una fattoria didattica e sociale, quale poteva diventare nel mio immaginario degli anni 80. Tale peraltro rimane la sua unica destinazione utile oltre che di villa in collina.
Eroicamente, la moglie di mio padre ancora oggi lotta per la conservazione del bene, sempre nel disagio di jeeps, bombole e camini……, nel tentativo di arginare la natura che avanza impietosa.
Infatti pochi giorni al mese non bastano a frenare i rovi che mangiano i campi, i muri che crollano, le strade che si erodono……, in quest’azione distruttrice ottimamente sostenuti dal berciume locale, espresso nella terribile variante toscana.
Ormai un po’ stanca, ha fiducia in un solo collaboratore, da me procurato ed in quanto polacco di occhi azzurri dotato. Le fa da autista, muratore, decespugliatore, raccoglitore e spaccatore di legna….., ma in cambio ottiene giuste prebende e molto ascolto. Anche in questo caso stabilire chi sia il beneficiario del servizio sociale è difficile da dire.
I miei recenti tentativi di aiutarla proponendo altre presenze umane, con quel tipo di scambio di campagna contro emozione che avevo vissuto negli anni precedenti si sono rivelati ogni volta più fallimentari e sbagliati. Vissuti non come aiuti, ma come indesiderati disturbi e fattori di confusione, nel sacrario della memoria di suo marito.

In questo quadro veniamo ai nostri giorni

Mi contatta a Roma una giovane donna, psicologa ed amante della natura cercando attività e lavoro nel verde. Mi racconta di avere un compagno a Firenze, giardiniere interessato al Tree Climbing etc. etc.. Parallelamente si fa vivo un altro ragazzo, sempre da Firenze, per gli stessi motivi.
Ipotizzo uno scambio: corso di tree climbing in cambio di potature nel parco alberato di Certaldo, sento la zia che accetta. Organizzo e verifico, tutto fila.
Prendo la psicologa in un quartiere “bene” di Roma e parto, sabato alle 14, alla volta di Certaldo, nella speranza di vivere un ultimo weekend settembrino di quasi vacanza.


Alla stazione preleveremo il giardiniere fiorentino, per avviarci poi insieme in fattoria.
Tutto fila fino all’incontro: capelli e costume esplicitano senza possibilità di dubbio il suo progetto d’identità ed il suo rapporto con la società. In poche parole è un tipico esponente del disagio giovanile di cui ho parlato nella tesi del master. Si dichiara anarco-ambientalista e lo possiamo facilmente immaginare in un centro sociale od in una guerriglia antiglobale. E’ quindi, ai miei occhi, molto simpatico e gentile. Fa, in effetti, tenerezza e soprattutto sostiene le mie tesi sul disagio di identità. In molti infatti abbiamo cercato e cerchiamo ancora di esprimere con le forme esteriori del nostro comportamento, con il rifiuto dell’integrazione, sia la critica al “sistema”, sia la nostra stessa ricerca di dignità in alternativa al comportamento di massa, sia il fallimento dell’appartenenza al “grado” sociale che ci saremmo aspettati di ottenere nella vita.
Comprensibilmente lei, psicologa, lo adora.

Arriviamo a questo punto in villa e lì scopro che zia e cugini di primo e secondo grado del ramo “bene” di famiglia, con coniugi annessi, sono quasi tutti riuniti in zona e già partiti in super tiro, per un locale evento nobiliare.
Conseguenze: imbarazzo mio, che l’indomani avrei dovuto confrontare la mia attenzione sociale e la mia solidarietà con chi cerca un’identità, con i cugini “bene”, esponendo al loro ludibrio me ed il povero giardiniere cui avevo promesso invece tranquilli laboratori didattici nel verde.
Non chiamo la zia, immaginata in piacevoli conversari nobiliari e alle 19 circa fuggo alla volta di Monte Morello, dove, grazie al cielo ci sono la moglie di mio padre ed il lavoratore polacco a lottare contro la natura.
A Sesto Fiorentino riesco anche a fare un po’ di spesa, finalmente siamo ai piedi di Monte Morello, dove arriva il polacco con la jeep e ci porta su.
Accoglienza perplessa, ma comunque siamo a casa e gli ospiti sono nutriti.
Alle 23,30 la duchessa, di rientro dalla festa mi chiama per sapere che fine ho fatto, se fossi ancora al ristorante e si inalbera un po’ quando scopre che sono fuggito.
Il giorno dopo, a monte Morello riesco a far fare un po’ di laboratorio all’aspirante climber, che pota un mandorlo ed una robinia, comunque ci divertiamo.
Mi rendo conto però di disturbare, decido quindi di ripartire alla volta di Roma, avverto l’altro potenziale alunno di tree climbing del cambio di programma e mi avvio.
Gli ultimi saluti alla moglie di mio padre, che peraltro mi vuole sinceramente bene, sono un fiume di insulti: “Mai più gente così in casa mia, ma chi mi porti, io non faccio laboratori, quando ti decidi a crescere e la pianti con queste cose”, etc. etc.
Si era appena prima lamentata con me del calo di efficienza del polacco, normalmente toro, ma ultimamente provato da problemi privati. Alla mia battuta: tienitelo buono, che i giovani italiani sono per la gran parte provati dalla ricerca d’identità il fiume di insulti veniva ripreso.

Finalmente a Roma ho avuto anche la cazziata di Giuseppa, mia moglie, per quanto sono stupido etc. etc.
Risultato finale: svariati rapporti familiari da ricucire.

Insegnamenti per me, che finalmente dovrei riuscire ad acquisire:
a) Non imporre attività sociali a chi non ha interesse a farle.
b) Pianifica bene con tutte le carte in mano, senza rischiare sorprese.
c) Verifica tutto sette volte e riverifica anche l’ottava.
d) L’assistenza al disagio, nonché la multifunzionalità rurale sono difficili, possono apparire molto stupide e non pagano se non si ha una posizione riconosciuta per offrirle.
e) Gli accordi in tempo o natura sono di difficile valutazione e può facilmente capitare che le parti non si capiscano e percepiscano diversamente il valore de servizi scambiati.


Valutazioni generali:
a) Quello che ho chiamato disagio di identità è un problema diffuso e serio, tanto più grave quanto sommerso, non evidente come un handicap conclamato.
b) Al margine del benessere borghese, nelle fasce del vorrei ma non posso, del salto di classe non riuscito si annida una confusione di modelli ed aspettative che diventa facilmente rifiuto della società.
c) La ricerca di identità è proporzionale al distacco, più mi concio, con tatuaggi, infibulazioni, strappi….., più sono. Rifiuto, ma sono.
d) Questo disagio, come tutti gli altri, di quale sia il livello, fa a molti paura, ad alcuni addirittura schifo.
e) Fra non molto ci renderemo conto che la pressione delle aspettative consumistiche, ha estremizzato il comportamento della gran parte dei cittadini. C’è chi esalta il proprio conformismo ai modelli, che chi ne esalta il rifiuto, in ambedue i casi non c’è serenità, non c’è pace nell’identità. In questo quadro, gli immigranti dal secondo e terzo mondo, ladri e violentatori inclusi, sono, per ora, più sani.

Franco Paolinelli 9-2006

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1 commento:

Anonimo ha detto...

...Oggi, leggendo la recensione di un libro, mi è tornata in mente la rocambolesca avventura di Franco. Il libro in questione si chiama "voglia di campagna", autore Valerio Merlo (edito da citta' aperte edizioni - 15 euro) e, cito testualmente la recensione "descrive ed interpreta i cambiamenti che, in questi ultimi anni, hanno trasformato la campagna, l'ambiente rurale e, piu' in particolare, gli stili di vita e le abitudini di cittadini e contadini. un'analisi del neoruralismo nell'epoca post-moderna, con tutti gli aspetti che ne fanno parte: dalla figura del bobo', il contadino "borghese" e "bohemien", al ritorno dei cittadini all'ambiente rurale come luogo di piacere e consumo, passando per i community gardens americani, i jardins familiaux francesi e le city farms inglesi"... Trovate niente di "familiare" negli argomenti esaminati?! ...insomma, cosa ci troviamo oggi nelle nostre campage? Chi ci abita (come me, e molti altri che pendoliamo tra metropoli e paesello), chi ci vive (come quelli che nel libro sono definiti bobò) e, finalmente, chi ci "campa" (nel senso che ne trae la propria sussistenza, come molti agricoltori ed imprenditori agricoli). Sicuramente c'è anche dell'altro, che ora non mi viene in mente...Sapere chi c'è nelle campagne, secondo me, serve per capire se, quanto ed in che modo, le campagne sono disposte a "farsi carico" del disagio, della formazione, o della semplice richiesta turistico ricreativa che gli si voglia proporre. Comunque, credo che il libro in questione possa essere interessante, se riesco a leggerlo, ve lo confermo più avanti! Un saluto! Silvia