Riportiamo la lettera ricevuta dal prof. Saverio Senni dell'Università della Tuscia di Viterbo indirizzata al Ministro De Castro, in relazione all'inchiesta di Fabrizio Gatti sui raccoglitori di pomodori in Puglia, ma non solo...visto che nella lettera c'è molto altro.
Al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali
On. Paolo De Castro
E p.c.:
al Ministro della Solidarietà Sociale
On. Paolo Ferrero
al Ministro della Salute
On. Livia Turco
On. Paolo De Castro
E p.c.:
al Ministro della Solidarietà Sociale
On. Paolo Ferrero
al Ministro della Salute
On. Livia Turco
Viterbo, 22 settembre 2006
Egregio Ministro De Castro,
è ancora viva l’eco che ha suscitato sui mezzi di comunicazione l’articolo del giornalista Fabrizio Gatti, su L’Espresso del 7 settembre, riguardante le drammatiche condizioni in cui vivono e lavorano cittadini extracomunitari “arruolati”, è il caso di dire, in Puglia per la raccolta di pomodori.
Sebbene non sia l’aspetto sul quale più si è soffermata l’attenzione dei media, l’immagine che ha dato di sé una certa agricoltura rischia di riflettersi su tutto il mondo agricolo, già sotto pressione per alcune politiche di sostegno e protezione che lo hanno riguardato negli ultimi decenni.
Non intendo entrare nel merito delle ipotesi di reato eventualmente sollevate dall’articolo. Per questo ci sono le autorità competenti che faranno le loro valutazioni. Quello che però vorrei farle osservare è come nello stesso tempo in cui l’Unione Europea, il governo nazionale, le Regioni, gli Enti locali conducono enormi sforzi, con i diversi strumenti che hanno a disposizione, per realizzare interventi e azioni volte a promuovere coesione sociale, si viene a “scoprire” che in agricoltura c’è chi lavora nel senso contrario, ovvero per la discriminazione, lo sfruttamento, in una parola per produrre esclusione sociale.
Chi le scrive è un suo collega, in quanto come lei docente universitario in materia di economia e politica agraria. Da alcuni anni mi sto interessando a programmi, iniziative, processi basati sull’agricoltura volti a promuovere inclusione sociale. In altri termini ad un’agricoltura che si pone agli antipodi di quella emersa dallo spaccato tracciato dal giornalista de l’Espresso. È la cosiddetta “agricoltura sociale”, un’agricoltura rappresentata da un vasto arcipelago di iniziative che, attraverso la creazione di contesti agricoli “inclusivi”, e in stretta collaborazione con i sistemi locali di welfare, si propongono esplicitamente di generare forme di ben-essere per fasce deboli di cittadini: persone con disabilità o con disagi sociali di varia natura, ex-tossicodipendenti, anziani in situazione di difficoltà e via dicendo. Sono alcune centinaia le esperienze attive in Italia in questo ambito e fanno riferimento ad imprese sociali agricole, ad Onlus, Associazioni varie, ma anche ad alcuni imprenditori agricoli che stanno assumendo la responsabilità sociale come uno dei baricentri della propria azione imprenditoriale.
L’agricoltura sociale sta gradualmente crescendo nell’attenzione degli operatori del settore, ma ancora non ha “bucato” l’opinione pubblica più vasta. È noto che sono le cosiddette notizie “cattive” che cacciano le buone dalle prime pagine dei giornali e dalle valutazioni degli opinionisti. Credo però che qualcosa possa e debba essere fatto, in particolare in questo momento, per rafforzare la reputazione del settore, raccontando ad un pubblico più vasto che il mondo agricolo lavora anche (e bene) per generare inclusione sociale e migliorare così la qualità della vita delle comunità locali.
La crescita di attenzione nei confronti dell’agricoltura sociale è testimoniata da numerose iniziative delle quali le cito solo le più significative:
è ancora viva l’eco che ha suscitato sui mezzi di comunicazione l’articolo del giornalista Fabrizio Gatti, su L’Espresso del 7 settembre, riguardante le drammatiche condizioni in cui vivono e lavorano cittadini extracomunitari “arruolati”, è il caso di dire, in Puglia per la raccolta di pomodori.
Sebbene non sia l’aspetto sul quale più si è soffermata l’attenzione dei media, l’immagine che ha dato di sé una certa agricoltura rischia di riflettersi su tutto il mondo agricolo, già sotto pressione per alcune politiche di sostegno e protezione che lo hanno riguardato negli ultimi decenni.
Non intendo entrare nel merito delle ipotesi di reato eventualmente sollevate dall’articolo. Per questo ci sono le autorità competenti che faranno le loro valutazioni. Quello che però vorrei farle osservare è come nello stesso tempo in cui l’Unione Europea, il governo nazionale, le Regioni, gli Enti locali conducono enormi sforzi, con i diversi strumenti che hanno a disposizione, per realizzare interventi e azioni volte a promuovere coesione sociale, si viene a “scoprire” che in agricoltura c’è chi lavora nel senso contrario, ovvero per la discriminazione, lo sfruttamento, in una parola per produrre esclusione sociale.
Chi le scrive è un suo collega, in quanto come lei docente universitario in materia di economia e politica agraria. Da alcuni anni mi sto interessando a programmi, iniziative, processi basati sull’agricoltura volti a promuovere inclusione sociale. In altri termini ad un’agricoltura che si pone agli antipodi di quella emersa dallo spaccato tracciato dal giornalista de l’Espresso. È la cosiddetta “agricoltura sociale”, un’agricoltura rappresentata da un vasto arcipelago di iniziative che, attraverso la creazione di contesti agricoli “inclusivi”, e in stretta collaborazione con i sistemi locali di welfare, si propongono esplicitamente di generare forme di ben-essere per fasce deboli di cittadini: persone con disabilità o con disagi sociali di varia natura, ex-tossicodipendenti, anziani in situazione di difficoltà e via dicendo. Sono alcune centinaia le esperienze attive in Italia in questo ambito e fanno riferimento ad imprese sociali agricole, ad Onlus, Associazioni varie, ma anche ad alcuni imprenditori agricoli che stanno assumendo la responsabilità sociale come uno dei baricentri della propria azione imprenditoriale.
L’agricoltura sociale sta gradualmente crescendo nell’attenzione degli operatori del settore, ma ancora non ha “bucato” l’opinione pubblica più vasta. È noto che sono le cosiddette notizie “cattive” che cacciano le buone dalle prime pagine dei giornali e dalle valutazioni degli opinionisti. Credo però che qualcosa possa e debba essere fatto, in particolare in questo momento, per rafforzare la reputazione del settore, raccontando ad un pubblico più vasto che il mondo agricolo lavora anche (e bene) per generare inclusione sociale e migliorare così la qualità della vita delle comunità locali.
La crescita di attenzione nei confronti dell’agricoltura sociale è testimoniata da numerose iniziative delle quali le cito solo le più significative:
- da poche settimane ha avuto inizio un’azione europea COST (cooperazione scientifica e tecnologica) intitolata “Green Care in Agriculture” (COST 866). Ad essa, che al momento vede l’adesione di una decina di paesi europei inclusa l’Italia, partecipo in quanto rappresentante del governo italiano, nominato dal Miur;
- dal 2005 è attivo presso l’Università della Tuscia il Master in Agricoltura Etico-Sociale, unico del suo genere in Europa, che io stesso ho promosso e ho l’onore di dirigere. I primi 15 allievi si sono diplomati nell’aprile di quest’anno;
- sempre dal 2005 è attivo il sito web “Agrietica. Portale dell’agricoltura etica e sociale” (www.agrietica.it) gestito presso questo Dipartimento da un piccolo gruppo di giovani da me coordinati;
- l’INEA ha avviato un progetto sulla Responsabilità sociale in agricoltura;
- in Toscana, l’Agenzia per lo sviluppo agricolo (ARSIA) da un paio d’anni sta conducendo attività di animazione sull’agricoltura sociale in stretta collaborazione con il nostro collega Francesco Di Iacovo dell’Università di Pisa; sempre in Toscana nell’ambito dell’attuazione del Piano di sviluppo rurale 2000-2006 sono stati finanziati progetti di agricoltura sociale;
- la Provincia di Roma ha istituito il Forum delle Fattorie Sociali e insieme alla Regione Lazio intende affrontare il delicato passaggio verso una normativa che disciplini le attività a finalità sociale svolte dalle imprese agricole;
- si è costituita di recente l’associazione nazionale “Rete delle Fattorie Sociali” che intende collegare fra loro le esperienze che si riconoscono in questo ambito.
- dal 2005 è attivo presso l’Università della Tuscia il Master in Agricoltura Etico-Sociale, unico del suo genere in Europa, che io stesso ho promosso e ho l’onore di dirigere. I primi 15 allievi si sono diplomati nell’aprile di quest’anno;
- sempre dal 2005 è attivo il sito web “Agrietica. Portale dell’agricoltura etica e sociale” (www.agrietica.it) gestito presso questo Dipartimento da un piccolo gruppo di giovani da me coordinati;
- l’INEA ha avviato un progetto sulla Responsabilità sociale in agricoltura;
- in Toscana, l’Agenzia per lo sviluppo agricolo (ARSIA) da un paio d’anni sta conducendo attività di animazione sull’agricoltura sociale in stretta collaborazione con il nostro collega Francesco Di Iacovo dell’Università di Pisa; sempre in Toscana nell’ambito dell’attuazione del Piano di sviluppo rurale 2000-2006 sono stati finanziati progetti di agricoltura sociale;
- la Provincia di Roma ha istituito il Forum delle Fattorie Sociali e insieme alla Regione Lazio intende affrontare il delicato passaggio verso una normativa che disciplini le attività a finalità sociale svolte dalle imprese agricole;
- si è costituita di recente l’associazione nazionale “Rete delle Fattorie Sociali” che intende collegare fra loro le esperienze che si riconoscono in questo ambito.
Non vado oltre, se non per menzionare quelli che chiamerei i vivaci “fermenti” in corso in Sicilia, con le imprese agricole sociali che si sono insediate sui terreni confiscati alla mafia, ma anche in Veneto, nelle Marche, in Calabria, in Sardegna, in Val d’Aosta e in altre regioni e che, in alcuni casi, coinvolgono attivamente le organizzazioni professionali di settore.
Un’acquisizione certamente fondamentale è rappresentata dal riferimento esplicito all’agricoltura sociale presente nel Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo Rurale laddove si afferma (pag. 111) che :
“… Appare importante che l’offerta di servizi alla popolazione sia calibrata in funzione dei diversi gruppi target potenziali. Tra questi, una attenzione particolare meritano ... ... le persone in situazioni di disagio e di esclusione. Sotto questo profilo una tendenza che appare interessante promuovere e sostenere è quella legata alle imprese produttive, anche agricole, e di servizi che operano nel campo dell’agricoltura sociale, di cui esistono oggi esperienze validissime da prendere come riferimento in diverse regioni, sviluppate anche dietro l’impulso del PSR 2000-2006”.
Sulla scorta di questa indicazione alcune amministrazioni regionali stanno introducendo nei nuovi Piani di Sviluppo Rurale misure esplicite a sostegno dell’agricoltura sociale nell’ambito dell’asse dedicato al miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali.
Ho ritenuto di informarla di quanto sopra affinché consideri la possibilità che il suo Ministero assuma l’agricoltura sociale a pieno titolo nel quadro della multifunzionalità del settore e come ambito di possibile diversificazione. Andrebbe, a mio avviso, colto questo momento particolare per predisporre un’iniziativa nazionale volta a mettere in connessione le tante esperienze in corso nel paese, che, pur spesso eccellenti, soffrono proprio del procedere ognuna per conto proprio, in modo slegato e senza riferimenti a linee guida comuni e autorevoli.
Approfitto per testimoniarle la mia personale disponibilità ad incontrare i suoi collaboratori per fornir loro documentazione sia scientifica che divulgativa, e contribuire ad identificare possibili azioni che eventualmente vorrà avviare sulla tematica che le ho rappresentato.
“… Appare importante che l’offerta di servizi alla popolazione sia calibrata in funzione dei diversi gruppi target potenziali. Tra questi, una attenzione particolare meritano ... ... le persone in situazioni di disagio e di esclusione. Sotto questo profilo una tendenza che appare interessante promuovere e sostenere è quella legata alle imprese produttive, anche agricole, e di servizi che operano nel campo dell’agricoltura sociale, di cui esistono oggi esperienze validissime da prendere come riferimento in diverse regioni, sviluppate anche dietro l’impulso del PSR 2000-2006”.
Sulla scorta di questa indicazione alcune amministrazioni regionali stanno introducendo nei nuovi Piani di Sviluppo Rurale misure esplicite a sostegno dell’agricoltura sociale nell’ambito dell’asse dedicato al miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali.
Ho ritenuto di informarla di quanto sopra affinché consideri la possibilità che il suo Ministero assuma l’agricoltura sociale a pieno titolo nel quadro della multifunzionalità del settore e come ambito di possibile diversificazione. Andrebbe, a mio avviso, colto questo momento particolare per predisporre un’iniziativa nazionale volta a mettere in connessione le tante esperienze in corso nel paese, che, pur spesso eccellenti, soffrono proprio del procedere ognuna per conto proprio, in modo slegato e senza riferimenti a linee guida comuni e autorevoli.
Approfitto per testimoniarle la mia personale disponibilità ad incontrare i suoi collaboratori per fornir loro documentazione sia scientifica che divulgativa, e contribuire ad identificare possibili azioni che eventualmente vorrà avviare sulla tematica che le ho rappresentato.
Con cordialità
Prof. Saverio Senni
Docente di Economia e politica dello sviluppo rurale
Direttore del Master in Agricoltura Etico-Sociale
dell’Università degli Studi della Tuscia
Prof. Saverio Senni
Docente di Economia e politica dello sviluppo rurale
Direttore del Master in Agricoltura Etico-Sociale
dell’Università degli Studi della Tuscia
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