Un giovane che decide di lavorare in agricoltura è per oltre un terzo degli italiani (34 per cento) “un fortunato che ha l'opportunità di impegnarsi in un settore a contatto con la natura dove esprimere creatività e innovazione”. E’ quanto emerge dai risultati del sondaggio on line condotto sul sito della Coldiretti, in occasione della prima edizione del premio Oscar Green, sulle vere ragioni che spingono i giovani scegliere la vita country in una economia post-industriale come quella italiana. Se l’aspetto ambientale è considerato il vero valore aggiunto non mancano quanti ritengono che - sottolinea la Coldiretti -“il lavoro in campagna sia per i giovani imprenditori una opportunità per confrontarsi con un mercato globale dove cercare di guadagnare adeguatamente” (29 per cento) mentre il 23 per cento la considera una scelta irrazionale da “pazzo idealista”. A differenza - continua la Coldiretti - solo una minoranza del 14 per cento da un giudizio fortemente negativo considerando la decisione di lavorare in agricoltura un obbligo dettato dalla mancanza di alternative e fatta da "sfigati" che non hanno la possibilità di trovare una occupazione migliore, come purtroppo spesso avveniva in passato. Si tratta di risultati che - precisa la Coldiretti - confermano il superamento di pregiudizi e luoghi comuni e dimostrano invece la crescente affermazione anche in Italia dell’interesse per la vita in campagna che si concretizza con l’aumento delle vacanze in agriturismo, la crescita della popolazione che vive nei piccoli centri rurali ma anche la preferenza accordata a percorsi formativi che coinvolgono la natura e l’ambiente. “Bisogna rimuovere gli ostacoli ancora presenti e fare in modo che ogni giovane possa trasformare il proprio sogno imprenditoriale in realtà in una agricoltura rigenerata e attenta alla sicurezza alimentare ed ambientale dei cittadini” ha affermato Donato Fanelli, Delegato Nazionale dei Giovani Coldiretti. “La fortuna di svolgere una attività che è in grado di conciliare l’obiettivo del profitto aziendale con gli interessi della società è una responsabilità ed un impegno che gli imprenditori agricoli” ha continuato Paolo Bedoni, presidente nazionale della Coldiretti. Secondo una recente indagine della Coldiretti sono circa un milione mezzo gli imprenditori agricoli under 35 nell’insieme dei 25 Paesi dell’Unione Europea con una percentuale inferiore al 9 per cento del totale. In altre parole nell’Europa allargata meno di un agricoltore su dieci è al di sotto dei 35 anni e l’età media del conduttore di azienda è di 54 anni, nonostante l’allargamento abbia “ringiovanito” il settore con paesi come la Polonia dove sono giovani il 16,3 per cento degli imprenditori agricoli rispetto al 3,9 per cento dell’Italia e al 2,7 per cento del Portogallo, con l’agricoltura “più vecchia” d’Europa. In Italia sono quasi centomila i giovani under 35 che hanno scelto di porsi alla guida di aziende agricole che rappresentano la componente più dinamica dell’agricoltura italiana. Secondo l’indagine della Coldiretti le aziende agricole dei giovani under 35 possiedono, infatti, una superficie superiore di oltre il 54% alla media (9,4 ettari rispetto alla media nazionale di 6,1), un fatturato più elevato del 75% della media (18.720 Euro rispetto alla media nazionale di 10.680) e il 50% di occupati per azienda in più. Inoltre - conclude la Coldiretti - le giovani leve della campagna hanno una maggiore propensione al biologico (3,7% delle aziende rispetto alla media nazionale di 2,1%), ma incontrano qualche difficoltà nell’acquisto del capitale terra che solo nel 54% dei casi è in proprietà rispetto al 74% della media nazionale.
I GIOVANI UNDER 35 NELLE CAMPAGNE ITALIANE A FARE IMPRESA
Numero di aziende: 107mila (più di un quinto di quelle europee)
Conduzione femminile: 25 %
Superficie media per azienda: 9,4 ettari (oltre 54% in più della media nazionale)
Fatturato medio per azienda: 18.720 (75% in più della media nazionale)
Numero di occupati per azienda: 0,9 unità (50% in più della media nazionale)
Propensione al biologico: 3,7% (rispetto al 2,1% della media nazionale)
Proprietà terra: 54% (contro il 74% della media nazionale)
1 commento:
E' curioso...
mentre in questo post si parla in positivo del rapporto fra i giovani italiani e la campagna e della riscoperta da parte dei giovani della vita e del lavoro in campagna, in un articolo (fonte: Vita on line)- scritto a dire il vero un pò così così e superficiale - si legge del malessere e del disagio giovanile nelle campagne francesi. Lo riporto perchè secondo me la problematica, invece, non è estranea ai giovani delle campagne italiane.
angela
Francia: il malessere dei giovani nelle campagne
di Joshua Massarenti
01/02/2007
Nonostante un tasso di disoccupazione in calo, i francesi continuano a stare male. Focus su una realtà messa in ombra dal caso banlieue: il disagio giovanile nel mondo rurale
Francia/Disoccupazione (p.2): In tempi preelettorali, c'è chi nel centrodestra sente odore di cambiamenti (Sarkozy è in testa ai sondaggi) e tenta in tutti modi di salvare il proprio destino politico legato per anni al decadente Chirac. Così, il ministro dell'impiego e della coesione sociale Jean-Louis Borloo si esalta di fronte alle le ultime statistiche sul tasso di disoccupazione. Nel dicembre 2006, il numero dei disoccupati sarebbe sceso sotto la soglia del 9% (recordo storico dal 2000). “Un buon risultato” ammette Le Monde nel suo editoriale, che però ricorda: “La Francia ha una disoccupazione di massa più alta rispetto agli altri paesi europei. E' da 25 anni che non scende sotto la soglia dell'8%”. E poi: “il numero dei disoccupati è passato da 2,4 milioni nel 2002 a 2,35 nel 2006”, quindi “soltanto 70mila disoccupati in meno rispetto a quattro anni fa”. Soprattutto: oltre alla crescita, il governo De Villepin è riuscito a rimuovere la disoccupazione grazie ai contratti precari (“contrats aidés”, “contrats nouvelles embauches”). Intanto, da Londra, il candidato di centrodestra Nicolas Sarkozy annuncia che “il pieno impiego è possibile in Francia” . Come? Per ora rimane un mistero.
Intanto, i francesi continuano a stare male. Ancora una volta sono i giovani a tenere alta l'attenzione dei media. Questa volta però, non si tratta delle banlieue. Assieme al cronista di Le Monde Luc Bronner, viene clamorosamente allo scoperto il malessere giovanile nel mondo rurale. Con buona pace del ministro Borloo, si scopre che “Davina Houd, 21 anni, in cerca di lavoro, ha seguito una miriade di programmi dai titoli reboanti (“dinamica di scelta professionale”, “mobilitazione per l'inserimento” etc.), ma gli sbocchi sono più che incerti. In realtà, nessuno, soprattutto i giovani, ignora che queste formazioni servono innanzitutto a far scendere i dati statistici relativi alla disoccupazione”. Al pari dei ragazzi di banlieue, si scopre una realtà giovanile allo sbando, presa nella morsa di percorsi scolastici che non trovano riscontro sul mercato del lavoro. Ma contrariamente ai banlieusard, “nessuno presta caso al loro disagio sociale”.
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