L’INCREMENTO DEL TERZIARIO TERRITORIALE
I contesti in cui il territorio rurale viene utilizzato per la fornitura di servizi basati sulla copertura a verde sono andati assumendo una diffusione ed una importanza crescente. Sono quindi un fattore rilevante, nella dinamica evolutiva del paesaggio.
Aumentano infatti i servizi ambientali, ma crescono soprattutto quelli ludico-culturali, sociali e sanitari, integrati, in misure diverse, con la produzione di beni, alimentari e non.
Proponiamo per quest’ambito la definizione di TERZIARIO TERRITORIALE, le sue componenti sono evidenziate nella tavola 1.
I contesti in cui il territorio rurale viene utilizzato per la fornitura di servizi basati sulla copertura a verde sono andati assumendo una diffusione ed una importanza crescente. Sono quindi un fattore rilevante, nella dinamica evolutiva del paesaggio.
Aumentano infatti i servizi ambientali, ma crescono soprattutto quelli ludico-culturali, sociali e sanitari, integrati, in misure diverse, con la produzione di beni, alimentari e non.
Proponiamo per quest’ambito la definizione di TERZIARIO TERRITORIALE, le sue componenti sono evidenziate nella tavola 1.
TAVOLA I: QUADRO D’INSIEME DEL TERZIARIO TERRITORIALE
Servizi tecnico-ambientali del verde:
Assorbimento inquinanti atmosferici, immagazzinamento della CO2……
Fitodepurazione dei reflui urbani, delle piogge acide……
Protezione del suolo….
Conservazione della natura….
Servizi di ricreazione:
Servizi simbolici: arredo verde
Servizi turistici: turismo territoriale, agriturismo
Multifunzionalità commerciale (ristorazione….)
Sport nel verde (golf, ippica, pesca, caccia….)
Servizi sociali, culturali e sanitari:
Fattorie didattiche
Multifunzionalità culturale (eco musei, centri arte e natura …..)
Fattorie sociali (servizi di reintegrazione, formazione, ospitalità per soggetti in difficoltà)
Servizi sanitari: terapie e territorio:
ippoterapia, onoterapia, cucciolo terapia….
giardini terapeutici
Agricoltura hobbistica
case in campagna
piccola e media agricoltura
orti urbani
Selvicoltura sociale
Che l’arredo verde ed il turismo siano servizi è ovvio. Ma anche la caccia, che sia apprezzata o meno, associa il prelievo faunistico al godimento dell’ambiente ed è in quest’ottica, un servizio offerto dal bosco.
Un nuovo interesse per il territorio si và sviluppando inoltre nel mondo dell’arte moderna, si creano gallerie e musei di Arte nella Natura.
Alle tipologie descritte si vanno aggiungendo servizi sociali e sanitari destinati a fasce deboli della società.
Tra queste possiamo trovare i bambini che scoprono la vita rurale nella fattoria didattica, come anche gli ex tossicodipendenti in corso di recupero od i portatori di handicap mentale che lavorano nella fattoria sociale o nella cooperativa di gestione del verde, come pure gli assistiti che fruiscono di varie terapie associate a risorse naturali (animali, orti…..)…… .
Tutti questi sono contesti in cui la produzione di beni si associa, in misure diverse, alla realizzazione di servizi ed è questa combinazione complessa che dà luogo ad un’agricoltura che produce redditi senza impatti.
Anzi, ognuna di queste attività contribuisce, a suo modo all’evoluzione di un nuovo paesaggio.
Con questa stessa ottica e con ben altro rilievo, si può vedere anche il mondo della piccola e media agricoltura.
Il piacere e la necessità di stabilire o conservare un rapporto con il mondo rurale va dando luogo, da anni, al fenomeno della prima, seconda o terza casa in campagna, che interessa notevoli porzioni di territorio, soprattutto peri-urbano.
Gran parte di queste realtà, registrate o meno come imprese agricole, sono dotate di orti, frutteti, oliveti, vigneti ed altre colture.
Ma, le loro produzioni sono, per lo più, destinate all’auto consumo o donate ed i loro costi sono, in gran parte dei casi, più elevati del valore commerciale delle derrate realizzate.
Si può quindi ipotizzare che chi le mette in atto non abbia come obbiettivo primario la realizzazione di profitti economici, bensì la produzione di benessere, culturale, fisico ed emotivo.
Tradizionalmente infatti ai riti della ruralità si associano funzioni sociali, quali l’integrazione degli anziani e dei soggetti in difficoltà appartenenti al nucleo familiare, lo stimolo culturale ed emotivo dei bambini e la stessa conservazione della cultura eno-gastronomica, che, a suo modo, è cultura ambientale.
Anche in questo caso si ha quindi combinazione di produzione di beni e di servizi.
Una declinazione prettamente urbana della coltivazione hobbistica è rappresentata dagli orti urbani. Molte città del nord Italia hanno organizzato il fenomeno predisponendo aree e definendone le regole d’uso. Al centro – sud la realtà degli orti è ancora spontanea, abusiva e di una certa importanza per la sussistenza. Il principio è però analogo, l’obbiettivo è in buona parte la ricerca di benessere.
Aumentando il livello di assistenza l’orto urbano può evolvere in giardino terapeutico.
Da un punto di vista economico sia il turista rurale che il coltivatore per hobby che l’assistito nel verde rurale od ornamentale sono consumatori di beni strumentali e servizi. Il territorio, con le sue caratteristiche fisiche, ma anche con le sue imprese, dal terzista con la ruspa….., all’agronomo….., allo psicologo, ne offre la possibilità.
Vi evolve quindi, grazie a queste attività, un nuovo paesaggio che è oggettivamente più legato ai servizi del benessere che alla produzione agricola.
Per ogni categoria, in misure diverse, c’è una spesa od un contributo versato da Enti pubblici. Gli imprenditori, soprattutto quelli sociali e culturali, hanno quindi venduto servizi agli Enti stessi. Il territorio ne ha dato, anche in questo caso, l’opportunità.
Un nuovo interesse per il territorio si và sviluppando inoltre nel mondo dell’arte moderna, si creano gallerie e musei di Arte nella Natura.
Alle tipologie descritte si vanno aggiungendo servizi sociali e sanitari destinati a fasce deboli della società.
Tra queste possiamo trovare i bambini che scoprono la vita rurale nella fattoria didattica, come anche gli ex tossicodipendenti in corso di recupero od i portatori di handicap mentale che lavorano nella fattoria sociale o nella cooperativa di gestione del verde, come pure gli assistiti che fruiscono di varie terapie associate a risorse naturali (animali, orti…..)…… .
Tutti questi sono contesti in cui la produzione di beni si associa, in misure diverse, alla realizzazione di servizi ed è questa combinazione complessa che dà luogo ad un’agricoltura che produce redditi senza impatti.
Anzi, ognuna di queste attività contribuisce, a suo modo all’evoluzione di un nuovo paesaggio.
Con questa stessa ottica e con ben altro rilievo, si può vedere anche il mondo della piccola e media agricoltura.
Il piacere e la necessità di stabilire o conservare un rapporto con il mondo rurale va dando luogo, da anni, al fenomeno della prima, seconda o terza casa in campagna, che interessa notevoli porzioni di territorio, soprattutto peri-urbano.
Gran parte di queste realtà, registrate o meno come imprese agricole, sono dotate di orti, frutteti, oliveti, vigneti ed altre colture.
Ma, le loro produzioni sono, per lo più, destinate all’auto consumo o donate ed i loro costi sono, in gran parte dei casi, più elevati del valore commerciale delle derrate realizzate.
Si può quindi ipotizzare che chi le mette in atto non abbia come obbiettivo primario la realizzazione di profitti economici, bensì la produzione di benessere, culturale, fisico ed emotivo.
Tradizionalmente infatti ai riti della ruralità si associano funzioni sociali, quali l’integrazione degli anziani e dei soggetti in difficoltà appartenenti al nucleo familiare, lo stimolo culturale ed emotivo dei bambini e la stessa conservazione della cultura eno-gastronomica, che, a suo modo, è cultura ambientale.
Anche in questo caso si ha quindi combinazione di produzione di beni e di servizi.
Una declinazione prettamente urbana della coltivazione hobbistica è rappresentata dagli orti urbani. Molte città del nord Italia hanno organizzato il fenomeno predisponendo aree e definendone le regole d’uso. Al centro – sud la realtà degli orti è ancora spontanea, abusiva e di una certa importanza per la sussistenza. Il principio è però analogo, l’obbiettivo è in buona parte la ricerca di benessere.
Aumentando il livello di assistenza l’orto urbano può evolvere in giardino terapeutico.
Da un punto di vista economico sia il turista rurale che il coltivatore per hobby che l’assistito nel verde rurale od ornamentale sono consumatori di beni strumentali e servizi. Il territorio, con le sue caratteristiche fisiche, ma anche con le sue imprese, dal terzista con la ruspa….., all’agronomo….., allo psicologo, ne offre la possibilità.
Vi evolve quindi, grazie a queste attività, un nuovo paesaggio che è oggettivamente più legato ai servizi del benessere che alla produzione agricola.
Per ogni categoria, in misure diverse, c’è una spesa od un contributo versato da Enti pubblici. Gli imprenditori, soprattutto quelli sociali e culturali, hanno quindi venduto servizi agli Enti stessi. Il territorio ne ha dato, anche in questo caso, l’opportunità.
IL PAESAGGIO DELLA DOMANDA DI VERDE
Ma, mentre la convenienza della produzione agricola in Italia decresce, le esigenze che determinano la domanda di servizi, soprattutto sociali, appaiono invece in crescita, proporzionalmente agli stress della vita metropolitana.
Quindi la domanda di fruizione terziaria del verde si espande e và ad interessare ambiti territoriali sempre più vasti, portando nuove funzioni, ma anche nuovi impatti, e dando luogo ad un nuovo paesaggio, molto spesso ancora povero di identità e qualità.
La trasformazione ha però la forza, difficilmente arrestabile dei processi socio – economici spontanei, va quindi gestita, per far prevalere gli elementi positivi su quelli negativi.
Se questa trasformazione porterà o meno ad un paesaggio assestato, con coerenza ambientale ed ordine formale, quindi bello ed utile all’ambiente è difficile dirlo ora. E’ certo però che i mondi professionale, imprenditoriale e politico, debbono perlomeno tentare una regia per gestire al meglio il processo di terziarizzazione del territorio.
La possibilità di dare qualità infatti c’è.
Ad esempio, l’associazione con la produzione di servizi permette di coltivare con beneficio economico, anche utilizzando metodi di basso impatto ambientale. I prodotti potranno quindi avere valore aggiunto ecologico e sociale.
Per ornare i giardini, giocare all’agricoltura, separarsi dai vicini, ridurre i rumori, fare ombra…… ed offrire molti dei servizi sopra descritti si debbono inoltre piantare e gestire alberi, prati ed arbusti.
Questi elementi del verde possono essere forestali, ornamentali e da frutta….., possono essere organizzati in viali, siepi, boschetti… e posti per terra, nei vasi o sui tetti…….., le possibilità sono moltissime ad ancora, in gran parte da esplorare.
A questo verde voluto peraltro si aggiunge quello che nasce spontaneamente negli spazi marginali non più gestiti dall’agricoltura. Ogni argine ed ogni margine diventano un bosco lineare.
Queste risorse possono essere un elemento importante con cui ricucire la maglia ambientale e paesaggistica del nuovo territorio, quindi compensare gli impatti delle trasformazioni in atto. Crearle e gestirle al meglio sarà lavoro per la filiera degli operatori del verde.
Ma, mentre la convenienza della produzione agricola in Italia decresce, le esigenze che determinano la domanda di servizi, soprattutto sociali, appaiono invece in crescita, proporzionalmente agli stress della vita metropolitana.
Quindi la domanda di fruizione terziaria del verde si espande e và ad interessare ambiti territoriali sempre più vasti, portando nuove funzioni, ma anche nuovi impatti, e dando luogo ad un nuovo paesaggio, molto spesso ancora povero di identità e qualità.
La trasformazione ha però la forza, difficilmente arrestabile dei processi socio – economici spontanei, va quindi gestita, per far prevalere gli elementi positivi su quelli negativi.
Se questa trasformazione porterà o meno ad un paesaggio assestato, con coerenza ambientale ed ordine formale, quindi bello ed utile all’ambiente è difficile dirlo ora. E’ certo però che i mondi professionale, imprenditoriale e politico, debbono perlomeno tentare una regia per gestire al meglio il processo di terziarizzazione del territorio.
La possibilità di dare qualità infatti c’è.
Ad esempio, l’associazione con la produzione di servizi permette di coltivare con beneficio economico, anche utilizzando metodi di basso impatto ambientale. I prodotti potranno quindi avere valore aggiunto ecologico e sociale.
Per ornare i giardini, giocare all’agricoltura, separarsi dai vicini, ridurre i rumori, fare ombra…… ed offrire molti dei servizi sopra descritti si debbono inoltre piantare e gestire alberi, prati ed arbusti.
Questi elementi del verde possono essere forestali, ornamentali e da frutta….., possono essere organizzati in viali, siepi, boschetti… e posti per terra, nei vasi o sui tetti…….., le possibilità sono moltissime ad ancora, in gran parte da esplorare.
A questo verde voluto peraltro si aggiunge quello che nasce spontaneamente negli spazi marginali non più gestiti dall’agricoltura. Ogni argine ed ogni margine diventano un bosco lineare.
Queste risorse possono essere un elemento importante con cui ricucire la maglia ambientale e paesaggistica del nuovo territorio, quindi compensare gli impatti delle trasformazioni in atto. Crearle e gestirle al meglio sarà lavoro per la filiera degli operatori del verde.
SELVICOLTURA SOCIALE
Ma queste risorse sono soprattutto legnose, la loro gestione, nel loro insieme, può quindi essere denominata selvicoltura urbana.
Il fatto però che questo verde svolga sopratutto servizi ambientali e sociali ci suggerisce di vedere anche questa come una componente del terziario territoriale.
Peraltro, la gestione del verde è sempre più spesso il campo di lavoro di cooperative che, da un lato offrono il servizio di manutenzione, ma dall’altro fruiscono dell’opportunità terapeutica e sociale offerta dall’attività stessa e pagata dagli Enti responsabili.
Data la rilevanza di questi aspetti potremmo, quindi, parlare di selvicoltura urbana terziaria di valore sociale, in sintesi di SELVICOLTURA SOCIALE.
Questo mondo implica anche attività particolarmente rudi ed avventurose quali, ad esempio la manipolazione di attrezzi potenti, l’arrampicata sugli alberi con le corde (tree climbing), l’utilizzo di automezzi da lavoro e molte altre. ……..
Queste attività ci appaiono, per esperienza diretta, particolarmente idonee ad affrontare un altro tipo di disagio, quello giovanile diffuso, per il quale propongo il nome “disagio d’identità”.
Con questo termine vorremmo indicare quella condizione di confusione, nella quale vive una gran parte dei giovani italiani, che implica insoddisfazione per il proprio mondo culturale e sociale, quindi ricerca di identità.
Questa pulsione non è vista come handicap, ne dal senso comune, ne dalla normativa, è però una condizione di rischio.
Se infatti può, da un lato, portare all’impegno nello sport, come anche nelle battaglie ambientali e politiche, dall’altro può essere il fattore predisponente per scelte auto-aggressive ed anti-sociali.
Per prevenirle è necessario fornire proposte d’identità alternative, altrettanto forti, ma non dannose, ne per chi le mette in atto, ne per la collettività.
Una di queste, può essere la selvicoltura ed in particolare, la sua variante urbana, per la quale si rafforza quindi il carattere sociale.
Non và peraltro dimenticato che, collateralmente alle attività di cantiere è sempre più frequente il coinvolgimento degli operatori del verde in attività didattiche e di animazione indirizzate soprattutto ai bambini.
In questo caso la produzione del servizio ai fruitori rafforza l’efficacia del servizio sociale agli operatori che l’attività stessa permette.
Ma queste risorse sono soprattutto legnose, la loro gestione, nel loro insieme, può quindi essere denominata selvicoltura urbana.
Il fatto però che questo verde svolga sopratutto servizi ambientali e sociali ci suggerisce di vedere anche questa come una componente del terziario territoriale.
Peraltro, la gestione del verde è sempre più spesso il campo di lavoro di cooperative che, da un lato offrono il servizio di manutenzione, ma dall’altro fruiscono dell’opportunità terapeutica e sociale offerta dall’attività stessa e pagata dagli Enti responsabili.
Data la rilevanza di questi aspetti potremmo, quindi, parlare di selvicoltura urbana terziaria di valore sociale, in sintesi di SELVICOLTURA SOCIALE.
Questo mondo implica anche attività particolarmente rudi ed avventurose quali, ad esempio la manipolazione di attrezzi potenti, l’arrampicata sugli alberi con le corde (tree climbing), l’utilizzo di automezzi da lavoro e molte altre. ……..
Queste attività ci appaiono, per esperienza diretta, particolarmente idonee ad affrontare un altro tipo di disagio, quello giovanile diffuso, per il quale propongo il nome “disagio d’identità”.
Con questo termine vorremmo indicare quella condizione di confusione, nella quale vive una gran parte dei giovani italiani, che implica insoddisfazione per il proprio mondo culturale e sociale, quindi ricerca di identità.
Questa pulsione non è vista come handicap, ne dal senso comune, ne dalla normativa, è però una condizione di rischio.
Se infatti può, da un lato, portare all’impegno nello sport, come anche nelle battaglie ambientali e politiche, dall’altro può essere il fattore predisponente per scelte auto-aggressive ed anti-sociali.
Per prevenirle è necessario fornire proposte d’identità alternative, altrettanto forti, ma non dannose, ne per chi le mette in atto, ne per la collettività.
Una di queste, può essere la selvicoltura ed in particolare, la sua variante urbana, per la quale si rafforza quindi il carattere sociale.
Non và peraltro dimenticato che, collateralmente alle attività di cantiere è sempre più frequente il coinvolgimento degli operatori del verde in attività didattiche e di animazione indirizzate soprattutto ai bambini.
In questo caso la produzione del servizio ai fruitori rafforza l’efficacia del servizio sociale agli operatori che l’attività stessa permette.
LEGNO DI CITTA’
Ma la manutenzione degli alberi implica la produzione di materiale legnoso, fatto di piccoli e grandi rami od addirittura di interi tronchi. Questo ha fin’ora, preso prevalentemente la via della discarica.
Precedenti limitate esperienze ci avevano invece fatto supporre che la trasformazione di questo materiale, in oggetti utili e/o belli, quali elementi di arredo, oggetti d’arte, cose per la casa….., oltre che in fonti energetiche e compost, fosse tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile.
Implica infatti benefici diversi quali:
· La conservazione della Anidride Carbonica (CO2) assimilata dall’albero ed immagazzinata nel legno;
· La creazione di impresa e lavoro creativo;
· La possibilità di integrare soggetti con disagio di vario tipo;
· Lo stimolo delle filiere a monte ed a valle dell’attività stessa.
Avevamo inoltre ipotizzato che, se la trasformazione del legno di città in oggetti fosse stata realizzata, da bambini ed adulti come laboratorio ludico, l’attività avrebbero potuto avere anche altre funzioni, quali ad esempio:
· Didattica naturalistica;
· Sensibilizzazione ai problemi ambientali;
· Gioco sostenibile e non impattante;
· Terapia, per gli utenti ed i conduttori stessi dei laboratori.
La verifica di queste ultime ipotesi è iniziata nel mese di maggio di quest’anno, grazie allo svolgimento di un ciclo di laboratori, per conto degli Enti Roma Natura ed Azienda Romana Mercati.
A partire da tronchi e rami prodotti dalla manutenzione della foresta urbana di Roma, abbiamo realizzato dei semilavorati che poi classi scolastiche e famiglie hanno potuto segare, scolpire, lisciare, incidere, dipingere……., portando a casa i loro oggetti finiti.
Circa 5 mc di catasta di legna hanno preso questa strada, la loro CO2 non tornerà, per molto tempo, nell’atmosfera.
Il divertimento di partecipanti ed operatori, verificato dagli Enti committenti, ci fa ben sperare che le ipotesi formulate fossero in buona misura fondate.
Ulteriori studi e conferme potrebbero portare ad un nuovo approccio nella gestione del verde urbano con la valorizzazione multifunzionale del suo prodotto legnoso. Anche questa novità potrebbe avere ripercussioni positive sulle dinamiche evolutive del paesaggio terziario e terapeutico del continuum città – campagna e sulla filiera degli operatori del verde.
Ma la manutenzione degli alberi implica la produzione di materiale legnoso, fatto di piccoli e grandi rami od addirittura di interi tronchi. Questo ha fin’ora, preso prevalentemente la via della discarica.
Precedenti limitate esperienze ci avevano invece fatto supporre che la trasformazione di questo materiale, in oggetti utili e/o belli, quali elementi di arredo, oggetti d’arte, cose per la casa….., oltre che in fonti energetiche e compost, fosse tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile.
Implica infatti benefici diversi quali:
· La conservazione della Anidride Carbonica (CO2) assimilata dall’albero ed immagazzinata nel legno;
· La creazione di impresa e lavoro creativo;
· La possibilità di integrare soggetti con disagio di vario tipo;
· Lo stimolo delle filiere a monte ed a valle dell’attività stessa.
Avevamo inoltre ipotizzato che, se la trasformazione del legno di città in oggetti fosse stata realizzata, da bambini ed adulti come laboratorio ludico, l’attività avrebbero potuto avere anche altre funzioni, quali ad esempio:
· Didattica naturalistica;
· Sensibilizzazione ai problemi ambientali;
· Gioco sostenibile e non impattante;
· Terapia, per gli utenti ed i conduttori stessi dei laboratori.
La verifica di queste ultime ipotesi è iniziata nel mese di maggio di quest’anno, grazie allo svolgimento di un ciclo di laboratori, per conto degli Enti Roma Natura ed Azienda Romana Mercati.
A partire da tronchi e rami prodotti dalla manutenzione della foresta urbana di Roma, abbiamo realizzato dei semilavorati che poi classi scolastiche e famiglie hanno potuto segare, scolpire, lisciare, incidere, dipingere……., portando a casa i loro oggetti finiti.
Circa 5 mc di catasta di legna hanno preso questa strada, la loro CO2 non tornerà, per molto tempo, nell’atmosfera.
Il divertimento di partecipanti ed operatori, verificato dagli Enti committenti, ci fa ben sperare che le ipotesi formulate fossero in buona misura fondate.
Ulteriori studi e conferme potrebbero portare ad un nuovo approccio nella gestione del verde urbano con la valorizzazione multifunzionale del suo prodotto legnoso. Anche questa novità potrebbe avere ripercussioni positive sulle dinamiche evolutive del paesaggio terziario e terapeutico del continuum città – campagna e sulla filiera degli operatori del verde.
Franco Paolinelli
BIBLIOGRAFIA
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