giovedì, febbraio 01, 2007

Riflessioni...

Ciao,
stamattina mi è capitato di leggere il resoconto della "fotografia" del territorio agricolo italiano scattata dall'ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni) sulla base dei dati censuari Istat. In particolare, l'articolo titolava: "Sta scomparendo il territorio, Italia sempre più a rischio".
L'analisi è basata sul confronto della Superficie Agricola Utile (S.A.U. = il territorio utilizzato dalle aziende agricole per produrre), nazionale e regionale. In pratica, la S.A.U. italiana è calata del 12,18% dal 1990 al 2000 (da 15.045.900 ettari, pari al 49,94% del territorio nazionale, a 13.212.634 ettari pari al 43,85%) e dell'8,27% dal 2000 al 2003 (toccando i 12.118.792 ettari pari al 40,22%).
La mia riflessione, parte però dal dato regionale...ovvero, curiosa, sono andata a vedere il dato della mia regione, il Lazio.
Qui l'analisi riporta che "tra il 1990 ed il 2000 sono andati perduti all’uso agricolo 109.826 ettari; nei 3 anni seguenti, fino cioè al 2003, sono mancati all’appello ulteriori 109.269 ettari. Ritenendo inalterato tale andamento anche per il 2004, si può affermare che in 4 anni la campagna laziale si è ritirata per una superficie superiore all’intero comune di Roma (ha. 129.000). "... Spesso si sente dire che Roma è il Comune più verde d'Europa, proprio per via dell'elevata superficie agricola...perciò questo dato mi ha rattristato.
Subito dopo, però, mi è venuto da pensare che, tanto più alla luce di queste informazioni, acquista valore il ruolo multifunzionale dell'agricoltura. Ovvero: se la città avanza sulla campagna, vuol dire che il bisogno di verde (e di relazione col verde) sarà sempre più sentito. Penso sempre per primi ai bambini, già ora è difficile trovare un bambino romano che abbia la percezione della provenienza dei cibi che la mamma gli mette in tavola (...spesso non ce l'ha nemmeno la mamma). "Ora" che le città crescono e l'agricoltura si ritira...acquista sempre più peso il suo ruolo sociale, ma non inteso come "memoria dell'agricoltura che fu", quanto di serbatoio di sensazioni (pratiche, visive, tattili,...) che vedo sempre più mancare nelle nuove generazioni.
...Se riuscite a non farvi spaventare dal titolo e vi capita di leggere il libro "Il declino dell'uomo" di Konrad Lorenz, ...si riesce a percepire meglio come proprio la mancanza di punti di riferimento concreti, siano spesso la causa del male oscuro della depressione, che insieme allo stress sembra colpire le nostre generazioni. Secondo "l'ottimistica visione" di Lorenz, "...L’uomo non è esposto soltanto alla minaccia dell’olocausto nucleare o ai pericoli che nascono dall’inquinamento e dalla distruzione dell’ambiente (...come se fosse poco! :-): c’è una malattia più sottile che lo insidia, ed è il declino delle sue qualità più specificamente umane..."
Per questo dico: insistiamo sul valore sociale dell'agricoltura...che ce n'è bisogno!
A presto!
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2 commenti:

Anonimo ha detto...

La foto di un campo di grano che ho inserito in questo post (e spero piaccia a Silvia, visto che è sul suo post) non è casuale, è un campo di grano duro della campagna romana, è una foto di circa 3 anni fa.
Quell’agricoltore - come altri - ha deciso di ridurre - almeno per ora - la superficie investita a grano duro, molti altri non lo coltivano già più. Le ragioni sono legate alla convenienza economica della coltura (divenuta non conveniente con la nuova politica agricola comunitaria). Si tratta di territori marginali, non irrigui, non in pianura, dove è difficile – non credo impossibile, ma al momento difficile - ipotizzare delle valide alternative colturali. Per ora, nei primi due anni di applicazione della nuova Pac, la superficie nazionale si è ridotta di circa il 20% (oltre 700mila ettari). Non so in futuro come si orienteranno gli agricoltori.
Non voglio discutere della validità o meno della riforma (questo blog non ne ha la pretesa oltre a non essere forse una sede adatta), ma – anche se mi allontano dal tema dell’agricoltura sociale - la bella riflessione di Silvia mi dà lo spunto per condividere quello che è, ultimamente, un mio pensiero ricorrente e cioè “il valore” del paesaggio, quello agricolo nello specifico. Io, come molti credo, godo del paesaggio, godo della vista di alcuni bellissimi paesaggi montani, di alcune campagne. Ad esempio, negli anni scorsi il mio giornaliero viaggio di andata e ritorno verso l’alto Lazio era reso piacevole dalla vista della campagna compresa fra Roma e la Toscana, dal vedere il paesaggio mutare col mutare delle stagioni ed a giugno, in particolare, dalla vista dei campi di grano. Molte regioni italiane attraggono turisti provenienti dall’Italia e dall’estero grazie anche ai loro paesaggi agricoli, che le caratterizzano fortemente (per capirsi, basta pensare ad alcuni scorci di Toscana ormai famosi nel mondo). Vi è, quindi, un valore che va oltre quello del prodotto agricolo. Il paesaggio, che così come lo vediamo oggi è frutto della storia dell’uomo, del suo lavoro in campagna, delle sue scelte e per questo non è immutabile. I campi di grano, in molte zone ed areali d’Italia, dovrebbero scomparire perché non economicamente validi? Il paesaggio ne risulterebbe immiserito, sorge un problema mi sembra legato al territorio ed al valore del territorio stesso, valore non solo biologico, strutturale ed “affettivo”, ma anche economico - seppure indiretto - in quanto quel territorio e quel paesaggio è attrattivo proprio perché così caratteristico e riconoscibile. Tutto qua, è un commento molto disordinato, spero si capisca il senso. angela

Silvia P ha detto...

La foto che hai scelto, Angela, è stupenda, bella da togliere il fiato. La tua riflessione, insieme ai dati che troppo spesso sono citati senza collegarli all'effettivo paesaggio, è la triste evidenza del cambiamento delle nostre campagne, e del passaggio generazionale...che forse non sta più avvenendo! Una delle soluzioni per salvare questa cultura della nostra terra è, a mio avviso, quella di trovarne nuove valenze economiche. La domanda è: l'agricoltura sociale può essere una di queste valenze? Secondo me, può esserlo...ma qui passiamo alla domanda successiva, che richiede una più attenta progettazione, avendo ben chiaro il territorio su cui applicarla: in quale forma può esserlo? ...e qui ci aggiorniamo a future progettazioni! ...mmh, se tu credevi di essere confusa nel tuo commento...io temo di averti battuto!