Come alcuni di voi sanno, ad avvicinarmi al mondo dell'agricoltura sociale, è stata la mia insana passione per le razze animali in via di estinzione...o meglio, per le razze animali ad uso zootecnico a rischio di estinzione. Quindi non panda, tigri ed orsi, ma molto meno esotici...vacche, pecore, maiali, polli, capre e soprattutto, asini!
Secondo me, anche questo è un aspetto sociale dell'agricoltura, mantenere la biodiversità delle nostre campagne, ritrovando un ruolo agli animali dimenticati, perché sostituiti da altri più produttivi, più comodi da accudire o direttamente da trattori.
Il recupero di questi animali, però, non va a mio avviso condotto nell'ottica del "volontariato", che, per quanto nobile, può spesso divenire dannosa per l'obiettivo che ci si prefigge. Ovvero, tenere in giardino un paio di capre di razza Bionda dell'Adamello, può essere simpatico, ma non risolleva il destino della razza. Collegare invece la razza ad una funzione, ad una produzione casearia di qualità, rende sostenibile il recupero della stessa.
Come per le altre attività di agricoltura sociale, perché l'attività svolta possa essere (e soprattuto rimanere) utile, è importante che si riesca a mantenere un approccio imprenditoriale. E' un concetto che spesso ci siamo detti durante e dopo il Master, ma che non sempre emerge chiaro nelle numerose realtà agro-sociali del territorio.
Tornando ai miei animaletti, e facendo 1+1, recupero l'ideale iniziale che mi condusse al master: nell'agricoltura sociale possono trovare giusta valorizzazione le nostre razze antiche, creando un ulteriore valore aggiunto all'attività agricola. Produrre prodotti dimenticati (uova a guscio bianco, formaggi da latte di razze tipiche...) è un altro modo per sottolineare che dalla diversità (che poi è il fulcro della nostra agricoltura sociale) si può trarre qualcosa di utile.
Scusate se vi ho messo a parte di questi miei pensieri scoordinati, ma...hai visto mai che qualcuno, leggendoli, riesce a metterli in pratica?
Anzi, approfitto per segnalare qualcuno che già da un po' lavora con queste bestiole anche se in un'ottica più generale di multifunzionalità e di recupero del territorio.
Si tratta dell'associazione RARE, per il recupero delle razze autoctone a rischio estinzione, di cui vi segnalo il link: www.associazionerare.it
In particolare, oltre alle descrizioni tecniche delle principali razze, sul sito è attiva una simpatica pagina di foto-racconti e si attiverà a breve un nuovo esperimento: la "rete degli allevatori solidali", una specie di “banca del tempo” grazie alla quale allevatori e semplici appassionati mettono a disposizione un po’ del loro tempo aiutandosi reciprocamente e gratuitamente, e ricavando in cambio…. tempo libero!
Nell'attesa di riuscire ad allevare asini e capre...vi invio un saluto, a presto!
Silvia
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